Preliminarmente, va precisato che, ai sensi dell’art. 1129 c.c., soltanto quando i condomini sono più di quattro, l’assemblea nomina un amministratore. Ne deriva che è consentito e legalmente possibile fare a meno di tale figura, ma per una corretta e pacifica gestione condominiale è sempre necessario, in mancanza, attenersi a quanto disposto dal Codice Civile, soprattutto per la gestione manutenzione delle parti comuni dell’edificio.
In particolare, il tetto viene annoverato tra le parti comuni dell’edificio ex art. 1117 c.c. e la proprietà indivisa dello stesso spetta pro-quota ai singoli condomini.
In materia di ripartizione delle spese necessarie per la conservazione, manutenzione e godimento delle parti comuni dell’edificio, l’art. 1123 c.c. stabilisce che tali spese sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno salvo diversa convenzione sottoscritta da tutti i condomini o da una deliberazione presa dagli stessi in sede assembleare all’unanimità dei consensi dei partecipanti al condominio.
Se la cosa comune in relazione alla sua consistenza e alla sua funzione è destinata a servire ugualmente e indiscriminatamente le diverse proprietà, allora si applica la regola generale di ripartizione delle spese prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 1117 e 1123, comma 1, c.c.
Di contro, se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne ex art. 1123, comma 2, c.c.
Tale ultima ipotesi si realizzerà nell’ipotesi in cui il tetto, per la conformazione dello stabile, copra solo una parte dell’edificio o parti di edificio in misura differente; in tal caso, le spese dovranno essere ripartite solo tra i condomini proprietari delle unità immobiliari coperte dal tetto. Le spese andranno ripartite in proporzione alla superficie coperta dal tetto oggetto di rifacimento, nell’ipotesi in cui il tetto copra in misura differente diverse abitazioni.
In mancanza di un amministratore, occorre che i lavori di riparazione che si rendono necessari a ripristinare il tetto del condominio in questione siano autorizzati dall’assemblea condominiale, come è avvenuto nel tuo caso. Occorrerà accertare e valutare, alla luce di quanto sopra esposto, in quale misura gli altri condomini contribuiranno nella spesa. Potrai procedere così alla riparazione del tetto e chiedere, poi, il rimborso agli altri condomini delle spese sostenute ai sensi dell’art. 1134 c.c.
Gentile avvocato, spero possa darmi informazioni su come procedere nel caso che
segue: Abito in una palazzina di quattro appartamenti a xxxxxxxxx, non abbiamo amministratore e ci siamo finora arrangiati con la
distribuzione dei compiti;lo scorso inverno a causa della neve ho subito danni
gravi al mio appartamento che si trova all’ultimo piano ed ho immediatamente
avviato le prassi per attivare il rifacimento del tetto danneggiato . Dopo una
partenza lenta ed il rifiuto dei condomini , tutti proprietari, a contribuire
alla riparazione dei miei danni ai quali ho fatto fronte da sola, in assemblea
condominiale , tutti hanno approvato la necessità di rifare il tetto, e dopo
diversi incontri per visionare i preventivi richiesti, tutti hanno accettato la
scelta della ditta ed i lavori. Nell’ultima assemblea è anche stato chiarito
che la parte di ciascuno fosse versata in un fondo all’inizio dei lavori e
questo per garantire la Ditta , visto che un proprietario extracomunitario crea
da sempre problemi nel pagamento. Avvisato il Comune che i lavori sarebbero
stati effettuati a Settembre, oggiAggiungi un appuntamento per oggi mi viene comunicato che dal momento che
l’extracomunitario tornato ora dalle ferie nel suo paese, non può pagare, i
lavori non sono iniziati. Non immagina la mia disperazione, cosa posso fare?
Davvero non avendo amministratore non ho alcuna possibilità? Posso farmi
firmare qualcosa che induca i condomini ad impegnarsi a risarcire gli
eventuali danni che il mio appartamento potrà avere con il maltempo a causa del
rinvio dei lavori?
La ringrazio per quante informazioni riuscirà a darmi..
A seguito della soppressione del RIA (Registro degli esercenti attività di autoriparazione) l’attività di autoriparazione, nel caso specifico quella motoristica, potrà essere svolta solo dalle imprese regolarmente iscritte nel Registro delle Imprese o nell’Albo delle imprese artigiane della Camera di Commercio nella cui provincia ha sede l’unità operativa dell’impresa.
Le imprese che intendono esercitare l’attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e successive modificazioni, sono tenute a presentare, ai sensi dell’articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, una denuncia di inizio di attività, specificando le attività che intendono esercitare tra quelle previste dall’articolo 1, comma 3, della medesima legge 5 febbraio 1992, n. 122, dichiarando, altresì, il possesso del requisito di cui al comma 4. La denuncia d’inizio attività al R.E.A. deve essere contestuale alla data d’inizio attività.
Potrai, pertanto, chiedere il controllo al Comune o alla Provincia, Enti a cui spetta il compito di vigilare sull’applicazione della legge in materia di autoriparazione.
Le sanzioni amministrative in merito all’esercizio abusivo di tale attività sono disciplinate dall’art. 10 della legge n. 122 del 5 febbraio 1992.
La Camera di Commercio competente, accertato il mancato possesso dei requisiti o l’eventuale perdita degli stessi, potrà emettere un provvedimento di divieto di prosecuzione dell’attività nei confronti dell’officina che attualmente esercita nel condominio da te abitato.
Sotto l’aspetto civile, va ricordato che è necessario che i condomini rispettino le parti comuni dell’edificio. Ciò premesso, va detto che potresti formulare innanzi alla competente Autorità Giudiziaria non solo la domanda tesa a vietare al titolare dell’officina meccanica troppo rumorosa di proseguire nell’attività per non aver adottato gli opportuni accorgimenti tecnici, ma anche la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno esistenziale (Trib. Milano 21/10/99 n.94177 e C. App. Milano 6/12/01 n.2444).
Analizzando la questione sotto l’aspetto penalistico, invece, va detto che non è reato realizzare un’officina meccanica in un condominio, ma potrebbe configurarlo il mancato rispetto di alcune prescrizioni di legge.
Si potrebbe configurare, ad esempio, il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, previsto dall’art. 659 c.p. in base a tale norma, “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro”.
La norma prevede due diverse ipotesi di reato: al primo comma persegue chiunque disturbi l’occupazione o il riposo delle persone, mentre al secondo punisce le attività professionali rumorose svolte contro prescrizioni di legge. Disturbare i condomini dei palazzi adiacenti con rumori, soprattutto nelle ore notturne, è sanzionabile anche senza aver accertato il rumore tramite rilievi tecnico-fonometrici, nel caso in cui una pluralità di condomini testimoni riguardo il disturbo arrecato (Corte di Cassazione – sentenza n. 23130 del 05.07.2006).
Dal punto di vista processuale, è utile dire che appare più agevole proporre la denuncia-querela per violazione dell’art. 659 cod. pen., nel qual caso il ristoro di eventuali danni morali sarà ottenibile tramite la costituzione di parte civile, piuttosto che intraprendere un’azione civile tesa ad accertare l’intollerabilità delle immissioni con conseguente richiesta inibitoria e risarcitoria.
Va ricordato, infine, in materia ambientale, l’art. 279 del D. Lgs. n. 152/2006 – Emissioni nell’aria (Sanzioni), il quale dispone che “Chi inizia a installare o esercisce un impianto e chi esercita una attività in assenza della prescritta autorizzazione ovvero continua l’esercizio dell’impianto o dell’attività con l’autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa, revocata o dopo l’ordine di chiusura dell’impianto o di cessazione dell’attività é punito con la pena dell’arresto da due mesi a due anni o dell’ammenda da duecentocinquantotto euro a milletrentadue euro. Chi, nell’esercizio di un impianto o di una attività, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall’autorizzazione, dall’Allegato I alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all’articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorità competente ai sensi del presente titolo é punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a milletrentadue euro”.
Vorrei sapere se è reato impiantare da un condomino un ‘officina meccanica per motorini ,utilizzando il suo garage e lo spazio condominiale antistante ,tanto da impedire persino il passaggio di altri condomini . Esistono art. di Legge e che tipo di reato è ?Preciso che la destinazione d’uso del garage e quella normale di tutti noi condomini . La ringrazio vivamente. P.S. Più che il reato di esercizio abusivo mi interessano i reati inerenti la sicurezza dell’edificio ,della pericolosità e del rischio della salute dei condomini .
Se l’appartamento che ha acquistato è di sua proprietà, non vi è ragione per cui lei non possa venderlo.
salve scusi se la disturbo ancora ,vorrei un informazione attualmente abito a
casa di mia moglie (chee non c’è +)
visto che qualke mese fa’ avevamo preso un appartamento al mio paese(intestato
a me) mi risulta come prima casa volevo sapere se lo posso rivendere subito per
prenderne un’altro da un’altra parte lo posso rivendere ?
grazie e ciao
La ringrazio per l’informazione, farò senz’altro così. Il muro è di mia proprietà in quanto corrisponde alla facciata della mia casa.
L’ente è proprio il Comune dato che gli operai che hanno installato gli altoparlanti hanno detto che l’ordine veniva dal Sindaco e loro dovevano attenersi e nel caso rivolgersi a lui.
Forse la sola mail con cui ho chiesto il rispetto della proprietà privata non è stata sufficiente o vi è stato puro menefreghismo da parte di chi governa.
Grazie di nuovo
Non hai precisato se il muro perimetrale è di tua proprietà: nel caso in cui lo fosse, potresti rivolgere al Comune formale richiesta a mezzo lettera raccomandata a.r. e, quindi, agire per le vie legali al fine di rimuovere i due altoparlanti, considerata oltretutto l’esigua distanza dalla tua abitazione. Mi pare strano, però, che il Comune prenda iniziative del genere; per tale ragione accertati che siano stati collocati proprio dal citato Ente.
salve, da qualche mese sono stati installati, dal mio comune di residenza, sul muro perimetrale esterno della mia casa 2 altoparlanti a circa 50-60 centrimetri dalla mia finestra senza nemmeno un preavviso o una richiesta. Dopo varie richieste di notizie presentate ai vigili urbani e al sindaco non ho ottenuto alcuna risposta nè scritta nè verbale. Per il momento non funzionano ancora (che l’avranno installati a fare?) ma quando e se funzioneranno a casa non si vivrà più. C’è una possibilità per farli togliere?
Ai sensi di quanto stabilito dall’art. 873 codice civile, “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri”. Ne deriva che, accertata la violazione di detta distanza da parte del tuo vicino, potrai agire per la rimozione dell’opera abusivamente creata, ma anche per il risarcimento del danno sofferto, così come previsto dall’art. 872, comma 2, codice civile. Potrai esperire tali rimedi solo se non è stabilita una distanza maggiore nel regolamento comunale: in tal caso, se la previsione degli strumenti urbanistici locali risulta dettata per la tutela di interessi generali (conservazione dell’ambiente, esigenze di igiene o di viabilità ecc.), potrai agire solo per il risarcimento del danno e non anche per la riduzione in pristino.
Salve. Il mio vicino sta iniziando a costruire una casa vicino alla mia, anzi molto vicino alla mia. Vorrei sapere se ci sono delle regole da rispettare in materia ed eventualmente cosa potrei fare. Grazie.
Premesso che ai sensi dell’art. 1056 c.c., ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche – servitù coattiva o legale –, occorre fare riferimento a quanto stabilito dall’art. 122 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, in base al quale il proprietario, salvo le diverse pattuizioni che si siano stipulate all’atto della costituzione della servitù, ha la facoltà di eseguire sul suo fondo qualunque innovazione, costruzione o impianto, ancorchè essi obblighino l’esercente dell’elettrodotto a rimuovere o collocare diversamente le condutture e gli appoggi, senza che per questo sia tenuto ad alcun indennizzo o rimborso a favore dell’esercente medesimo.
Per tale ragione, è evidente che i costi per lo spostamento, rimozione o interramento dei cavi o degli impianti di reti di comunicazioni elettroniche, in occasione di lavori di restauro o di rifacimento delle facciate delle case, spettano all’esercente.
Ne deriva che non dovrai essere tu a sostenere le spese e, comunque, nel caso dovessero insistere, sarà necessario adire le vie legali per la tutela dei tuoi diritti.
Ciao, sono Lorella. Dal momento che devo effettuare lavori di manutenzione sulle pareti esterne dell’abitazione di mia proprietà, ho richiesto all’Enel di intervenire per rimuovere i cavi elettrici collocati sulla facciata della mia casa. Dopo vari solleciti, sono venuti i tecnici dell’Enel che, dopo aver visto la situazione, hanno detto che sarebbero intervenuti e che le spese sarebbero rimaste a mio carico. Vorrei sapere se quanto riferitomi è vero. Grazie.
L’art 844 del codice civile disciplina il cosiddetto divieto di immissioni per il quale è interdetta al proprietario di un fondo la possibilità di determinare immissioni nel fondo del vicino se superano la normale tollerabilità.
Occorre, innanzitutto, definire cosa si intende con la locuzione “normale tollerabilità. Con essa si intende il limite entro il quale l’immissione, pur comportando una parziale menomazione del godimento della proprietà, è tuttavia ritenuta accettabile per il proprietario del fondo che la subisce. La tollerabilità o meno di un’immissione va piuttosto valutata caso per caso, tenuto conto della destinazione naturalistica ed urbanistica, delle attività normalmente svolte in quel luogo, del sistema di vita e delle abitudini di chi vi opera e di quanto altro. Di contro, non rilevano né le condizioni soggettive di chi utilizza il fondo, né l’attività da quest’ultimo svolta. Nel tuo caso, pertanto, a nulla rileva il fatto che essendo tu una guardia giurata notturna riposi nelle ore diurne.
Ciò non toglie che occorrerà distinguere:
1) se le immissioni rimangono al di sotto della soglia della normale tollerabilità. In tal caso chi le subisce deve sopportarle;
2) se le immissioni superano la soglia della normale tollerabilità, ma sono giustificate da esigenze di produzione. In tal caso chi le subisce non ha diritto di farle cessare, ma può ottenere un indennizzo per il pregiudizio sofferto;
3) se le immissioni superano la soglia della normale tollerabilità, senza però essere giustificate da esigenze di produzione. In tal caso chi le subisce ha diritto di farle cessare, nonché ha diritto al risarcimento del danno eventualmente sofferto.
L’esame della normale tollerabilità di un rumore è lasciata alla attenta, ponderata e personale valutazione del giudice della causa, con l’ausilio di una consulenza tecnica d’ufficio. Secondo una giurisprudenza ampliamente consolidata il limite della normale tollerabilità si può ritenere superato quando la differenza tra il rumore complessivamente misurato e il rumore di fondo eccede i 3 decibel.
Ciao, è da un po’ di tempo che ho un problema. Sono una guardia giurata notturna che riposa per ovvia necessità nelle ore diurne e spesso il mio sonno è disturbato o meglio interrotto a causa dei rumori insopportabili provenienti dall’appartamento vicino. Cosa posso fare?
Preliminarmente, va precisato che, ai sensi dell’art. 1129 c.c., soltanto quando i condomini sono più di quattro, l’assemblea nomina un amministratore. Ne deriva che è consentito e legalmente possibile fare a meno di tale figura, ma per una corretta e pacifica gestione condominiale è sempre necessario, in mancanza, attenersi a quanto disposto dal Codice Civile, soprattutto per la gestione manutenzione delle parti comuni dell’edificio.
In particolare, il tetto viene annoverato tra le parti comuni dell’edificio ex art. 1117 c.c. e la proprietà indivisa dello stesso spetta pro-quota ai singoli condomini.
In materia di ripartizione delle spese necessarie per la conservazione, manutenzione e godimento delle parti comuni dell’edificio, l’art. 1123 c.c. stabilisce che tali spese sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno salvo diversa convenzione sottoscritta da tutti i condomini o da una deliberazione presa dagli stessi in sede assembleare all’unanimità dei consensi dei partecipanti al condominio.
Se la cosa comune in relazione alla sua consistenza e alla sua funzione è destinata a servire ugualmente e indiscriminatamente le diverse proprietà, allora si applica la regola generale di ripartizione delle spese prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 1117 e 1123, comma 1, c.c.
Di contro, se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne ex art. 1123, comma 2, c.c.
Tale ultima ipotesi si realizzerà nell’ipotesi in cui il tetto, per la conformazione dello stabile, copra solo una parte dell’edificio o parti di edificio in misura differente; in tal caso, le spese dovranno essere ripartite solo tra i condomini proprietari delle unità immobiliari coperte dal tetto. Le spese andranno ripartite in proporzione alla superficie coperta dal tetto oggetto di rifacimento, nell’ipotesi in cui il tetto copra in misura differente diverse abitazioni.
In mancanza di un amministratore, occorre che i lavori di riparazione che si rendono necessari a ripristinare il tetto del condominio in questione siano autorizzati dall’assemblea condominiale, come è avvenuto nel tuo caso. Occorrerà accertare e valutare, alla luce di quanto sopra esposto, in quale misura gli altri condomini contribuiranno nella spesa. Potrai procedere così alla riparazione del tetto e chiedere, poi, il rimborso agli altri condomini delle spese sostenute ai sensi dell’art. 1134 c.c.
Gentile avvocato, spero possa darmi informazioni su come procedere nel caso che
segue: Abito in una palazzina di quattro appartamenti a xxxxxxxxx, non abbiamo amministratore e ci siamo finora arrangiati con la
distribuzione dei compiti;lo scorso inverno a causa della neve ho subito danni
gravi al mio appartamento che si trova all’ultimo piano ed ho immediatamente
avviato le prassi per attivare il rifacimento del tetto danneggiato . Dopo una
partenza lenta ed il rifiuto dei condomini , tutti proprietari, a contribuire
alla riparazione dei miei danni ai quali ho fatto fronte da sola, in assemblea
condominiale , tutti hanno approvato la necessità di rifare il tetto, e dopo
diversi incontri per visionare i preventivi richiesti, tutti hanno accettato la
scelta della ditta ed i lavori. Nell’ultima assemblea è anche stato chiarito
che la parte di ciascuno fosse versata in un fondo all’inizio dei lavori e
questo per garantire la Ditta , visto che un proprietario extracomunitario crea
da sempre problemi nel pagamento. Avvisato il Comune che i lavori sarebbero
stati effettuati a Settembre, oggiAggiungi un appuntamento per oggi mi viene comunicato che dal momento che
l’extracomunitario tornato ora dalle ferie nel suo paese, non può pagare, i
lavori non sono iniziati. Non immagina la mia disperazione, cosa posso fare?
Davvero non avendo amministratore non ho alcuna possibilità? Posso farmi
firmare qualcosa che induca i condomini ad impegnarsi a risarcire gli
eventuali danni che il mio appartamento potrà avere con il maltempo a causa del
rinvio dei lavori?
La ringrazio per quante informazioni riuscirà a darmi..
A seguito della soppressione del RIA (Registro degli esercenti attività di autoriparazione) l’attività di autoriparazione, nel caso specifico quella motoristica, potrà essere svolta solo dalle imprese regolarmente iscritte nel Registro delle Imprese o nell’Albo delle imprese artigiane della Camera di Commercio nella cui provincia ha sede l’unità operativa dell’impresa.
Le imprese che intendono esercitare l’attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e successive modificazioni, sono tenute a presentare, ai sensi dell’articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, una denuncia di inizio di attività, specificando le attività che intendono esercitare tra quelle previste dall’articolo 1, comma 3, della medesima legge 5 febbraio 1992, n. 122, dichiarando, altresì, il possesso del requisito di cui al comma 4. La denuncia d’inizio attività al R.E.A. deve essere contestuale alla data d’inizio attività.
Potrai, pertanto, chiedere il controllo al Comune o alla Provincia, Enti a cui spetta il compito di vigilare sull’applicazione della legge in materia di autoriparazione.
Le sanzioni amministrative in merito all’esercizio abusivo di tale attività sono disciplinate dall’art. 10 della legge n. 122 del 5 febbraio 1992.
La Camera di Commercio competente, accertato il mancato possesso dei requisiti o l’eventuale perdita degli stessi, potrà emettere un provvedimento di divieto di prosecuzione dell’attività nei confronti dell’officina che attualmente esercita nel condominio da te abitato.
Sotto l’aspetto civile, va ricordato che è necessario che i condomini rispettino le parti comuni dell’edificio. Ciò premesso, va detto che potresti formulare innanzi alla competente Autorità Giudiziaria non solo la domanda tesa a vietare al titolare dell’officina meccanica troppo rumorosa di proseguire nell’attività per non aver adottato gli opportuni accorgimenti tecnici, ma anche la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno esistenziale (Trib. Milano 21/10/99 n.94177 e C. App. Milano 6/12/01 n.2444).
Analizzando la questione sotto l’aspetto penalistico, invece, va detto che non è reato realizzare un’officina meccanica in un condominio, ma potrebbe configurarlo il mancato rispetto di alcune prescrizioni di legge.
Si potrebbe configurare, ad esempio, il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, previsto dall’art. 659 c.p. in base a tale norma, “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro”.
La norma prevede due diverse ipotesi di reato: al primo comma persegue chiunque disturbi l’occupazione o il riposo delle persone, mentre al secondo punisce le attività professionali rumorose svolte contro prescrizioni di legge. Disturbare i condomini dei palazzi adiacenti con rumori, soprattutto nelle ore notturne, è sanzionabile anche senza aver accertato il rumore tramite rilievi tecnico-fonometrici, nel caso in cui una pluralità di condomini testimoni riguardo il disturbo arrecato (Corte di Cassazione – sentenza n. 23130 del 05.07.2006).
Dal punto di vista processuale, è utile dire che appare più agevole proporre la denuncia-querela per violazione dell’art. 659 cod. pen., nel qual caso il ristoro di eventuali danni morali sarà ottenibile tramite la costituzione di parte civile, piuttosto che intraprendere un’azione civile tesa ad accertare l’intollerabilità delle immissioni con conseguente richiesta inibitoria e risarcitoria.
Va ricordato, infine, in materia ambientale, l’art. 279 del D. Lgs. n. 152/2006 – Emissioni nell’aria (Sanzioni), il quale dispone che “Chi inizia a installare o esercisce un impianto e chi esercita una attività in assenza della prescritta autorizzazione ovvero continua l’esercizio dell’impianto o dell’attività con l’autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa, revocata o dopo l’ordine di chiusura dell’impianto o di cessazione dell’attività é punito con la pena dell’arresto da due mesi a due anni o dell’ammenda da duecentocinquantotto euro a milletrentadue euro. Chi, nell’esercizio di un impianto o di una attività, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall’autorizzazione, dall’Allegato I alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all’articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorità competente ai sensi del presente titolo é punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a milletrentadue euro”.
Vorrei sapere se è reato impiantare da un condomino un ‘officina meccanica per motorini ,utilizzando il suo garage e lo spazio condominiale antistante ,tanto da impedire persino il passaggio di altri condomini . Esistono art. di Legge e che tipo di reato è ?Preciso che la destinazione d’uso del garage e quella normale di tutti noi condomini . La ringrazio vivamente. P.S. Più che il reato di esercizio abusivo mi interessano i reati inerenti la sicurezza dell’edificio ,della pericolosità e del rischio della salute dei condomini .
Se l’appartamento che ha acquistato è di sua proprietà, non vi è ragione per cui lei non possa venderlo.
salve scusi se la disturbo ancora ,vorrei un informazione attualmente abito a
casa di mia moglie (chee non c’è +)
visto che qualke mese fa’ avevamo preso un appartamento al mio paese(intestato
a me) mi risulta come prima casa volevo sapere se lo posso rivendere subito per
prenderne un’altro da un’altra parte lo posso rivendere ?
grazie e ciao
La ringrazio per l’informazione, farò senz’altro così. Il muro è di mia proprietà in quanto corrisponde alla facciata della mia casa.
L’ente è proprio il Comune dato che gli operai che hanno installato gli altoparlanti hanno detto che l’ordine veniva dal Sindaco e loro dovevano attenersi e nel caso rivolgersi a lui.
Forse la sola mail con cui ho chiesto il rispetto della proprietà privata non è stata sufficiente o vi è stato puro menefreghismo da parte di chi governa.
Grazie di nuovo
Non hai precisato se il muro perimetrale è di tua proprietà: nel caso in cui lo fosse, potresti rivolgere al Comune formale richiesta a mezzo lettera raccomandata a.r. e, quindi, agire per le vie legali al fine di rimuovere i due altoparlanti, considerata oltretutto l’esigua distanza dalla tua abitazione. Mi pare strano, però, che il Comune prenda iniziative del genere; per tale ragione accertati che siano stati collocati proprio dal citato Ente.
salve, da qualche mese sono stati installati, dal mio comune di residenza, sul muro perimetrale esterno della mia casa 2 altoparlanti a circa 50-60 centrimetri dalla mia finestra senza nemmeno un preavviso o una richiesta. Dopo varie richieste di notizie presentate ai vigili urbani e al sindaco non ho ottenuto alcuna risposta nè scritta nè verbale. Per il momento non funzionano ancora (che l’avranno installati a fare?) ma quando e se funzioneranno a casa non si vivrà più. C’è una possibilità per farli togliere?
Ai sensi di quanto stabilito dall’art. 873 codice civile, “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri”. Ne deriva che, accertata la violazione di detta distanza da parte del tuo vicino, potrai agire per la rimozione dell’opera abusivamente creata, ma anche per il risarcimento del danno sofferto, così come previsto dall’art. 872, comma 2, codice civile. Potrai esperire tali rimedi solo se non è stabilita una distanza maggiore nel regolamento comunale: in tal caso, se la previsione degli strumenti urbanistici locali risulta dettata per la tutela di interessi generali (conservazione dell’ambiente, esigenze di igiene o di viabilità ecc.), potrai agire solo per il risarcimento del danno e non anche per la riduzione in pristino.
Salve. Il mio vicino sta iniziando a costruire una casa vicino alla mia, anzi molto vicino alla mia. Vorrei sapere se ci sono delle regole da rispettare in materia ed eventualmente cosa potrei fare. Grazie.
Premesso che ai sensi dell’art. 1056 c.c., ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche – servitù coattiva o legale –, occorre fare riferimento a quanto stabilito dall’art. 122 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, in base al quale il proprietario, salvo le diverse pattuizioni che si siano stipulate all’atto della costituzione della servitù, ha la facoltà di eseguire sul suo fondo qualunque innovazione, costruzione o impianto, ancorchè essi obblighino l’esercente dell’elettrodotto a rimuovere o collocare diversamente le condutture e gli appoggi, senza che per questo sia tenuto ad alcun indennizzo o rimborso a favore dell’esercente medesimo.
Per tale ragione, è evidente che i costi per lo spostamento, rimozione o interramento dei cavi o degli impianti di reti di comunicazioni elettroniche, in occasione di lavori di restauro o di rifacimento delle facciate delle case, spettano all’esercente.
Ne deriva che non dovrai essere tu a sostenere le spese e, comunque, nel caso dovessero insistere, sarà necessario adire le vie legali per la tutela dei tuoi diritti.
Ciao, sono Lorella. Dal momento che devo effettuare lavori di manutenzione sulle pareti esterne dell’abitazione di mia proprietà, ho richiesto all’Enel di intervenire per rimuovere i cavi elettrici collocati sulla facciata della mia casa. Dopo vari solleciti, sono venuti i tecnici dell’Enel che, dopo aver visto la situazione, hanno detto che sarebbero intervenuti e che le spese sarebbero rimaste a mio carico. Vorrei sapere se quanto riferitomi è vero. Grazie.
L’art 844 del codice civile disciplina il cosiddetto divieto di immissioni per il quale è interdetta al proprietario di un fondo la possibilità di determinare immissioni nel fondo del vicino se superano la normale tollerabilità.
Occorre, innanzitutto, definire cosa si intende con la locuzione “normale tollerabilità. Con essa si intende il limite entro il quale l’immissione, pur comportando una parziale menomazione del godimento della proprietà, è tuttavia ritenuta accettabile per il proprietario del fondo che la subisce. La tollerabilità o meno di un’immissione va piuttosto valutata caso per caso, tenuto conto della destinazione naturalistica ed urbanistica, delle attività normalmente svolte in quel luogo, del sistema di vita e delle abitudini di chi vi opera e di quanto altro. Di contro, non rilevano né le condizioni soggettive di chi utilizza il fondo, né l’attività da quest’ultimo svolta. Nel tuo caso, pertanto, a nulla rileva il fatto che essendo tu una guardia giurata notturna riposi nelle ore diurne.
Ciò non toglie che occorrerà distinguere:
1) se le immissioni rimangono al di sotto della soglia della normale tollerabilità. In tal caso chi le subisce deve sopportarle;
2) se le immissioni superano la soglia della normale tollerabilità, ma sono giustificate da esigenze di produzione. In tal caso chi le subisce non ha diritto di farle cessare, ma può ottenere un indennizzo per il pregiudizio sofferto;
3) se le immissioni superano la soglia della normale tollerabilità, senza però essere giustificate da esigenze di produzione. In tal caso chi le subisce ha diritto di farle cessare, nonché ha diritto al risarcimento del danno eventualmente sofferto.
L’esame della normale tollerabilità di un rumore è lasciata alla attenta, ponderata e personale valutazione del giudice della causa, con l’ausilio di una consulenza tecnica d’ufficio. Secondo una giurisprudenza ampliamente consolidata il limite della normale tollerabilità si può ritenere superato quando la differenza tra il rumore complessivamente misurato e il rumore di fondo eccede i 3 decibel.
Ciao, è da un po’ di tempo che ho un problema. Sono una guardia giurata notturna che riposa per ovvia necessità nelle ore diurne e spesso il mio sonno è disturbato o meglio interrotto a causa dei rumori insopportabili provenienti dall’appartamento vicino. Cosa posso fare?